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venerdì 17 giugno 2011

Et hoc puta vatem dixisse,quandoque ista gens suas litteras dabit, omnia corrumpet"


"e questo fa conto che te l'abbia detto un profeta: se mai codesto popolo quando che sia ci darà la sua cultura corromperà ogni cosa"

Questa frase,estrapolata dai “Libri ad Marcum Filium” di Catone del II sec .a.C., non è così lontana dal rappresentare la realtà che noi italiani stiamo accettando da ormai due generazioni:servilismo e invasione culturale da altri paesi. Definirei Catone il Censore come il profeta della nostra fine. Non è certamente quello che molti osano considerare,un personaggio arcaico e ottuso, tradizionalista fino al fanatismo solo perchè rispettoso di quel complesso insieme dei "Mos Maiorum" e della terra e del popolo;in queste sue parole aleggia un senso di appartenenza e identità così chiaro e ben radicato che adesso invece viene quasi disprezzato o dimenticato. E' infatti molto diffusa l'idea della necessità di diventare cittadini del mondo con la conseguenza che tutto il patrimonio culturale,artistico e storico della nostra patria viene svalutato se messo al confronto con quello invece "enorme e impareggiabile" nato dall'unione di stati che ben poco hanno in comune. E credo che la cosa più brutta sia la consapevolezza che dietro a queste grandi unioni mondiali ed europee si celino soltanto motivi politici. Catone si rivolgeva a una Roma divisa sul tema dell'educazione di stampo filoellenico ;se Catone potesse parlare,rivolgerebbe le stesse parole,sebbene sia cambiato il contesto storico,agli stessi italiani. Catone ammoniva il figlio di non avvicinarsi alla cultura greca,e lo ammoniva non per pregiudizio ma perchè conosceva molto bene ciò a cui andava contro e difendeva così la propria idea di Patria come cultura perchè consapevole e capace di saper scegliere. Troppi invece oggi pensano che vi sia solo una la strada da seguire, del tutto incompatibile con l'altra,o magari nemmeno pensano e si lasciano trascinare dal torrente delle mode costruite ad arte. Ecco dove si riconosce la profezia di Catone quando dice che la cultura di un altro popolo corrompe quella originale: quando si imbarbarisce la propria lingua con gli anglicismi, quando si preferisce comprare scarpe di multinazionali americane cucite da bambini in India o Cina,quando si sperpera domeniche pomeriggio intere a spulciare cataloghi di mobilifici svedesi e gli esempi potrebbero essere molti altri e ancora più tristi. Spesso siamo anche arroganti a definirci italiani perchè sventoliamo un tricolore solo quando gioca la Nazionale ,incuranti di tutta una storia che ci precede;una storia una storia che nasce con Roma e le sue legioni,prosegue con rinascimento e le città italiane culla dell’arte e della letteratura ed arriva fino ai patrioti ed ai martiri che cacciarono gli austriaci dalle nostre terre durante il risorgimento e nelle petraie del carso. La nostra storia,una storia fatta di bellezza e di successi,l’abbiamo abbandonata soccombendo giorno dopo giorno all’egemonia culturale dei “liberatori” americani e diluendoci in una Unione Europea che non è,come auspicabile,la “patria delle patrie”,ma è soltanto una entità economica incapace addirittura di difendere i suoi confini dall’immigrazione selvaggia.
Se vogliamo dire si alla bellezza della nostra cultura millenaria dovremo trovare il coraggio di fermare l’invasione culturale globalizzatrice. Così faremo la storia. Così saremo la storia.
Iris Ricci