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giovedì 8 dicembre 2011

Il “Passaggio al Bosco”: «un’escursione perigliosa oltre gli stessi confini della meditazione»


Nei primi anni del secondo dopoguerra Ernst Jünger scrive una preziosa “guida alla libertà” con il titolo enigmatico Der Waldgang (“passaggio al bosco”), tradotto in italiano col titolo “Il Trattato del Ribelle”. Nell’antica Islanda il Waldgänger ( “colui che passa al bosco”) era il proscritto, il reietto della società, l’individuo che si dà alla macchia e conduce una vita solitaria, libera e rischiosa e lo scrittore tedesco rifacendosi a questa tradizione nordica traccia la figura del Ribelle, un tipo d’uomo che sceglie di resistere al nichilismo desertificante del nostro tempo. Parla del bosco come di qualcosa di intimo, di segreto, che molti possono trovare, soprattutto dentro di sé e con il “Bosco” ci consegna un’immagine della foresta come luogo in cui l’uomo diviene finalmente sovrano di sé e riesce anche ad sottrarsi alle decadenze del suo tempo, ritrovando il contatto con quei poteri che sono superiori alle forze del tempo e sentendosi realmente un individuo. La Via del Bosco è dunque il percorso che ogni uomo deve compiere per recuperare la propria “selvatichezza”, originarietà e autenticità, e per riscoprire quelle forze ed energie umane, che la società moderna ha ormai perso e fatto atrofizzare. Ovviamente l’immagine del bosco e l’intero percorso sono una metafora caricata di densi significati ideali, morali, libertari e metapolitici. [«Il Ribelle è deciso a opporre resistenza , il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata. Ribelle è dunque colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime, oggi, nell’intenzione di opporsi all’automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo»] Partendo dall’immagine rousseauiana della reimmersione dell’uomo nella natura, la carica di significati ulteriori delineando l’immagine di una resistenza stoica alla propria società, una fuga attiva e pragmatica dal proprio tempo e dalle storture morali, un’ansia di palingenesi e rinnovamento che paradossalmente fa leva su un ritorno alle origini, basato su una critica corrosiva e astiosa e che, nel ritornare a un passato originario, vergine e non ancora corrotto dalla modernità non rivela assolutamente un mero passatismo, molto idealizzato e superficiale, o un nostalgismo banale, bensì un lucida analisi ponderata e veritiera. Junger è critico del capitalismo e dell’economicismo borghesi, della tecnocrazia e del predominio delle macchine sugli uomini, del positivismo e del razionalismo esasperati, della massificazione culturale e del conformismo moderno che livella le individualità e appiattisce e impoverisce le personalità, del consumismo, del democratismo e la sua farsa della rappresentanza del popolo e la prassi elettorale. [«L’uomo, il Ribelle, si chiede in che modo sia possibile sottrarsi all’annientamento. Se avere ancora un destino o se essere considerato un numero.. decisione che ciascuno deve prendere da solo»] Un aspetto importante che ritroviamo nella sua critica è il potere esercitato sull'individuo dall'apparato tecnico-produttivo ed organizzativo dello Stato moderno che lo porta a temere una deriva tecnocratica, una reificazione dell’uomo e una disvalore materialistico .[«L’umana grandezza va conquistata lottando.Quegli uomini che hanno mantenuto intatta la consapevolezza della dimensione originaria dell’uomo e che da nessun potere superiore potranno mai essere indotti a rinunciare ad agire da uomini. »] Il ribellismo jungeriano, però, non è astratto anarchismo, è piuttosto un ribellismo cosciente e ponderato, in chiave tradizionalista e morale, che fa leva sull’individuo e lo pone alla base dello sviluppo umano in un ottica semmai comunitaria più che sociale. [«La storia autentica può essere fatta solo da uomini liberi. E’ l’impronta che l’uomo libero da al destino. In questo senso possiamo dire che l’uomo libero agisce in nome di tutti :il suo sacrificio vale anche per gli altri »] Commuovente il valore altissimo che da al concetto di ribellione e critica al proprio tempo. [«Abbiamo momenti di intensa autoconsapevolezza e altri di severa autocritica. Questo è il segno delle civiltà superiori: esse proiettano le loro arcate sopra il mondo dei sogni. »] E’ una critica densa di idealità, energica, battagliera, ribellistica e formativa, originale e potentissima nella sua lucidità al tempo stesso spiazzante e illuminante, una lettura straordinaria… leggere per credere!
Marco Mungai